“Questa è la strategia”, conclude soddisfatto il consulente riaccendendo le luci dopo una interminabile sequenza di slide. Il titolare approva con vigorosi cenni del capo. Più a bassa voce il consulente lasciando il podio aggiunge “ora si tratta solo di metterla in pratica”.
Se siete responsabili di qualche ‘operation’: di un impianto, di uno stabilimento o di un magazzino, insomma qualcosa di concreto che deve funzionare sempre al meglio, vi sarà capitata una situazione del genere.
Nel palazzo degli uffici o in sede centrale si definisce un progetto, smagliante nella sua formulazione e nella geometrica potenza dei suoi grafici, dimenticando o fingendo di dimenticare quanto sarà complesso metterlo in pratica.
“Si tratta solo di farlo”, e a farlo dovete essere voi. Se qualcosa non funziona la colpa non sarà certo della strategia o del budget di tempi e di risorse allocati. Sarà di chi deve ‘solo farlo’. Anche se questo significa discutere con i collaboratori (operai, tecnici, quadri), chiedendo loro di cambiare tempi e modi del loro lavoro. Anche se questo richiederà cambiamenti da fare ‘in corsa’ senza fermare la produzione, anche se la strategia (sulla quale magari siete anche d’accordo) non ha previsto tanti particolari.
Quando ero ragazzo nelle partite di calcio mi chiedevano di fare il portiere. Si vede che era destino. In una squadra di calcio, 10 giocatori possono fare gol ma possono anche non farlo, non si pretende certo un gol a giocatore! Per l’undicesimo, il portiere, valgono regole opposte: di gol non deve prendere nemmeno uno.
Dal portiere ci si aspetta la perfezione: zero difetti, zero errori. Degli altri giocatori si apprezza l’eventuale tiro fortunato o il passaggio indovinato. Questa è la vita di chi dirige le operations, specialmente in una media impresa. Con poche eccezioni si parla di un portiere solo quando sbaglia. Difficilmente, dopo un gol, la squadra che lo ha subito si chiede come mai il pallone si trovava così vicino alla porta: quali errori di tattica o di strategia hanno reso possibile il tiro che ha ingannato il portiere.
Facendo esperienza ‘fra i pali’ ho iniziato a guardare con più attenzione il gioco. A guardare con attenzione come si comportavano la difesa e il centro campo della mia squadra. Perfino a dare loro consigli. Da ragazzo non pensavo certo in questi termini ma mi sentivo un ‘cliente interno’ della squadra: avevo ben diritto di assicurarmi del perfetto funzionamento di ruoli e funzioni diverse dalle mie.
Cosa ho imparato dalla mia esperienza di portiere? Ho imparato che se il tuo mandato è ‘errori: zero’ non puoi solo sperare che non succeda nulla di pericoloso; non puoi nemmeno contare solo sulla tua bravura. Un portiere deve fidarsi dei suoi compagni di squadra ma fino a un certo punto. Deve prevedere anche i rischi che non paiono preoccupare i terzini, anzi soprattutto quelli. Questo ho imparato, e forse può servire anche quando il campo di gioco è l’azienda.
Riccardo Montanaro
CEO e-terea srl